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 Dio Brando non aveva preferenza alcuna, a proposito di posizioni, partner, o kink da scoprire. Ogni cosa per lui era nuova, piacevole, interessante. Appena scopriva qualcosa di nuovo su PornHub si precipitava nella pubblica piazza, chiedendo al mondo di essere scopato in nome della scienza. Scienza che prendeva spesso in causa, visto che era l'unico caso di ermafrodito alfa/omega di cui in università si fosse a conoscenza, rendendolo estremamente desiderato da tutti gli studenti volenterosi di farsi un collega.

Ogni volta che succedeva, Enrico si copriva gli occhi, passando oltre il momento di protagonismo di Brando, che prontamente indicava Vanilla Ice - o qualche altro gagliardo e muscoloso giovane - invitandolo con lui a scoprire nuovi modi di apprezzare il piacere.

Enrico si vergognava di essere nel club di teatro di Dio Brando, ma al tempo stesso non voleva abbandonare la sua passione solo perché tutto era nelle mani del giovane rampollo.

Perché non c'era insegnante che osasse bloccare le avventure del club di Dio, ovviamente. Essendo un gruppo organizzato esclusivamente dagli studenti, senza supervisione alcuna, i più forti e carismatici avevano preso il sopravvento. In questo caso, quella figura era Brando.

Non che Enrico potesse lamentarsi, però. La sua vita nel club oscillava tra l'imbarazzo che quell'uomo gli provocava e le sue ottime capacità teatrali, obbligandolo a sopportare solo per poter avere la possibilità di recitare in uno dei suoi eventi. Dio lo aveva personalmente scelto per interpretare Amleto, riempiendo Enrico di orgoglio e alzando l'asticella della sua sopportazione ancora più in alto.

"Anche qualcos'altro si sta alzando."

Lo aveva canzonato Johngalli, facendo quasi soffocare Enrico con il pranzo. Non era la prima volta che il suo amico lo accusava di essersi unito al club per ben altri motivi che il semplice teatro, e con cognizione: Dio era semplicemente quello che si stava facendo l'intera università. Enrico si guardò furtivamente alle spalle, osservando come Brando stesse quasi riuscendo a convincere uno dei ragazzi più giovani. Tornò ad osservare il proprio pranzo, buttando giù gli ultimi bocconi con un bicchiere d'acqua.

"Non ho interesse nell'avere una notte con Dio."

Provò a rispondere, incassando la testa nel collo per non essere sentito da nessuno.

"Voglio solo studiare il mio Amleto. Anzi, sai cosa faccio? Vado a studiare sul palco."

Johngalli piegò appena la testa, le iridi sbiadite fisse sull'orizzonte.

"Sai che è lì che Brando porta tutti i suoi amanti, sì?"

 

Il teatro sembrava vuoto. Forse Dio non aveva trovato nessuno con cui passare il pomeriggio, pensò mentre si spogliava nel retro. Il che poteva aprire alla sua mente una serie di possibili fantasie, fatte di lui e Dio, soli e...

Il rumore di una porta che sbatteva lo fece trasalire. Era quella del bagno dei camerini. Enrico rimase paralizzato, cercando di immaginare chi potesse essere lì, a quell'ora. Quando Dio Brando uscì dalle ombre, la pelle bianca e gli occhi rossi che scintillavano nel buio, Enrico si schiacciò contro l'armadietto di metallo, osservando con iniziale orrore come il corpo del giovane fosse completamente nudo.

"Dio." Iniziò, girando la testa altrove.

"Ti pensavo con uno dei tuoi amanti."

Mentì, sperando che non si notasse quanto il cuore gli battesse con forza. Quella scena l'aveva immaginata così tante volte, eppure non era minimamente pronto. Quando due dita gli presero il mento, Enrico girò la testa verso l'altro. Il volto finemente truccato, Dio Brando sembrava pronto per salire in scena. L'eyeliner impeccabile, il fondotinta perfetto lo rendevano ancora più angelico di quanto già fosse. Dio rise allo sguardo dell'altro, e gli leccò piano un labbro, il fiato caldo e pieno di eccitazione.

"Non ho trovato nessuno disposto a farsi comandare da me... mentre me lo mettevano dentro, Pucci."

Enrico arricciò con finta stizza il naso, in un vano tentativo di spostare lo sguardo altrove. "In che senso? L'attivo è quello che comanda, no? Lo sanno tutti."

Dio alzò la mano libera, le unghie laccate di nero, e agitò l'indice fino a poggiarlo sulle labbra dell'altro.

"No, no, no, Enrico. C'è una cosa chiamata powerbottom, dove chi lo prende comanda."

Enrico si trattenne dal leccargli il polpastrello, sospirando appena.

"Davvero?"

Dio allargò un sorriso maligno, scendendo sul suo petto, toccandogli gli addominali con la punta delle unghie, fino ad agganciarsi ai suoi slip di marca.

"Sì, Enrico. Pensavo non avrei avuto nessuna speranza oggi, quando sei comparso tu. In un certo modo, ti stavo aspettando. Ma non oggi, da molto tempo. Tutti sanno che chi entra nel club lo fa per scopare con me."

Pucci indossò lo sguardo più innocente, e si leccò appena le labbra secche.

"Io mi sono unito per il buon gusto. Dio mi scampi fare ancora lavoretti da elementari come nel club del primo anno."

Brando rise di gusto. Enrico notò che aveva i denti aguzzi.

"Ti stai già aiutando da solo. Anche se, in effetti, potrei aver fatto qualcosina scegliendo Shakespeare e Goldoni."

Con un dito abbassò lentamente l'intimo, strisciando con il polpastrello contro i ricci bianchi che gli decoravano l'inguine.

"Ora, però, ti aiuterò ancora di più."

"La tua è un'ossessione."

Gli rispose Enrico, sollevando il mento, guardandolo negli occhi mentre il proprio odore eccitato si spargeva nella stanza. Dio lo annusò a pieni polmoni, emettendo un risolino divertito.

"Evidentemente condivisa. Ora, lasciati andare. Ti permetterò di mettermelo dentro, Enrico, ma comanderò io. Non dovrai preoccuparti di niente, se non di godere."

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